1) La debolezza è forza e la forza niente.
L’arte, nella nostra epoca ha un potere talmente anti-catartico che portare all’estremo la debolezza dell’artista impuro significa, allo stesso tempo, portare all’estremo la sua forza. La malattia si cura con i farmaci, in particolar modo con le pillole che sono contenute nei blister: i residui delle cure possono diventare finalmente materiale per le opere.
Con la Blister Art vi è un processo di inversione dialettica: si trasforma la debolezza in potenza e il residuo della cura in arte.
2) I blister usati nelle opere devono essere necessariamente residui della cura dell’artista.
La debolezza della malattia è la condizione sine qua non per innescare il processo di inversione.
Solo la malattia può innescare l’iter di eccellenza per la creatività.
Sono accettati tutti i tipi di blister e quindi tutti i tipi di farmaci purché servano a curare una specifica malattia. Ognuno può portare il proprio contributo individuale alla Blister Art secondo la propria malattia e il proprio personale processo di guarigione.
2bis) Si possono usare anche blister che contengono ancora la pillola se ormai sono scaduti. Si intende che l’artista se li sia procurati per curarsi ma poi non li abbia usati fino ad accorgersi, un giorno, che ormai non sono più utilizzabili perché scaduti.
Le motivazioni possono essere molteplici: un cambio della terapia, la fine della terapia stessa, il miglioramento dei sintomi: ad esempio l’artista può aver comprato dell’ibubrofene o dell’aspirina per il mal di testa ma poi il sintomo non si è manifestato nuovamente. Un’altro motivo per usare blister pieni di farmaci scaduti è che l’artista li abbia dimenticati nella borsa da viaggio e si sia accorto della dimenticanza solo dopo la scadenza.
3) Grazie alla farmacologia la malattia diventa comoda e pratica: disturbi per cui si veniva rinchiusi in manicomio prima del 1978 diventano gestibili e prêt-à-porter. Il blister si porta in tasca o in borsetta e, all’occorrenza, abbiamo millenni di scienza in un sorso d’acqua.
La Blister Art raccoglie il residuo della cura farmacologica e lo capovolge: infatti, nonostante la sua bellezza e il suo ordine estetico, essa richiama ancora la sensazione della malattia – un disordine del corpo o della mente – passato oppure gestito e con il quale si è raggiunto un compromesso.
4) Il sentimento che scaturisce da questa facile terapia non può fare a meno dell’arte per gridare la propria gioia anti-catartica. Perché anti-catartica? Perché non c’è alcun processo di purificazione nella farmacologia contemporanea: tende a guarire i corpi, tuttavia li rende ancora più impuri del corpo malato. Li rende partecipi di un’altra malattia, stavolta sociale: il gusto per la bellezza impura e immorale e l’idolatria dell’efficienza.
5) Ogni artista è libero di esprimersi in maniera unica secondo il proprio stile e la propria ricerca personale.
Per celebrare il punto 1, sarebbe opportuno invertire il colore: riempire le parti colorate dai blister e colorare le parti senza nessun oggetto, come lo sfondo, del colore del soggetto. La Blister Art non perverte, non sovverte ma inverte le parti: il suo procedimento la rende invertita.
Questa inversione del colore rientra nel tema dello stile che è peculiare per ogni artista. In altre parole non è obbligatorio per gli artisti aderenti operare questa inversione del colore ma rientra nella libertà dello stile individuale.
6) Per Blister Art si può intendere anche scultura o meglio modellazione, oggettistica, arredamento e design. La tecnica è libera. Si possono usare anche altri materiali e supporti a discrezione dell’artista.
6bis) Per Blister Art si può intendere anche video-art e performance-art.
7) Grazie al colore, alle forme e alla gioia o al dolore con cui manifestiamo il comodo compromesso con la nostra malattia stiamo per la prima volta mettendo al centro del discorso artistico il processo stesso della guarigione o il suo fallimento, convinti che la nostra azione artistica siano in fondo la stessa cosa.
Diciamo la prima volta perché finora tutti i tentativi esplorati in questo senso o estetizzavano la malattia o erano iniziativa terapeutica di coloro stessi che dovevano curare e non di coloro che dovevano guarire.
8) L’azione artistica cura, ma attenzione nessuna catarsi, l’arte come la farmacologia guarisce e ci trasforma. Paradossalmente, si potrebbe dire, che in fondo il momento della purezza appartenga alla malattia e il momento dell’impuro alla guarigione.
9) La Blister Art come la farmacologia contemporanea ci trasforma in esseri impuri e potenti. La nostra debolezza è la debolezza generalizzata dei nostri tempi. Ma noi custodiamo il segreto per mutarla nel nostro potere più assoluto. Gridare i propri obiettivi di guarigione ci porterà molti alleati, nell’azione artistica, che contribuiranno all’ascesa verso la potenza di una nuova corrente artistica, verso la nostra stessa potenza.
10) Per sua natura la Blister Art tende a mettere in evidenza e a far riflettere sul consumo e abuso di farmaci nella nostra società.Il blister che è materiale da scartare viene elevato a oggetto di riflessione e a testimone del consumo.
11) Sulla diffusione della Blister Art ci proponiamo di far circolare non solo nei circuiti dedicati all’arte ma anche in contesti in cui si consumano e prescrivono farmaci.
12) Gli artisti che aderiscono a questo manifestano accettano di seguirne le regole e di portare avanti il processo artistico personale e collettivo in maniera non esclusiva.
Barbara Gioiello
con il contributo dell’Associazione Psicogeografica Romana